venerdì 20 dicembre 2013

Ridurre i costi per tonnellata prodotta è più sensato che ridurre i costi ettaro.


L'agricoltura conservativa, ha l'obbiettivo di preservare la fertilità del terreno, al fine di ottenere le massime rese, il percorso necessario per aumentare la resa della maggior parte dei nostri terreni attuali passa attraverso delle lavorazioni più mirate e più precise e giocoforza meno energivore e meno numerose, banalizzare le lavorazioni del terreno non si traduce in aumenti di resa, ma semplicemente in riduzione dei costi, spesso a scapito delle rese e talvolta anche a scapito della fertilità del terreno, è il caso di quando non si sanno gestire gli abbondanti residui colturali, o i preziosi reflui zootecnici non palabili.
Diversamente dagli obbiettivi della agricoltura conservativa, le lavorazioni minime del terreno, hanno per obbiettivo la riduzione dei costi ettaro ed accettano per contro anche rese più contenute.

Va da sè che la "minima", è più attrattiva per le aziende che non reimpiegano i raccolti e dove le entrate fisse ettaro provenienti dalla PAC sono le uniche ad essere coccolate.

Nelle aziende che reimpiegano i loro raccolti le rese ettaro sono determinanti, ma lo è altrettanto, anche la costanza delle rese negli anni, queste aziende vogliono conservare negli anni la fertilità del suolo, fonte del sostentamento del loro allevamento o biogas e lo fanno con tutti i mezzi disponibili.
L'gricoltura conservativa nella sua espressione più genuina, come le viene riconosciuto in tutto il mondo, mira alla conservazione della fertilità del terreno, attraverso la gestione e conservazione in superficie di tutti i residui colturali, per conservare l'umidità e la capacità produttiva del terreno, in questo contesto, i reflui da allevamento non palabili non sono di ostacolo ma sono un prezioso aiuto, basta farlo con cura e precisione e non fare le cose minime.